domenica 12 febbraio 2012

Sindrome brachicefalica BAOS

Con il termine di sindrome brachicefalica si suole indicare una sindrome respiratoria o sindrome ostruttiva delle vie aeree superiori dovuta alla presenza di anomalie anatomiche plurime che sono tipiche delle razze brachicefale (Bulldog, bouledogue francese, Boston Terrier, Carlino, Pechinese, Shi-tzu, Sharpei, ma anche Chow-chow, Bull Mastiff, Boxer ed altri).
Nelle razze brachicefale la conformazione della testa è il risultato di un insufficiente sviluppo, di origine ereditaria, delle ossa che formano la base del cranio, le quali si accrescono normalmente in larghezza, ma non altrettanto in lunghezza. I tessuti molli della testa, per contro, sono di dimensioni normali e sovente appaiono come compressi in una struttura più piccola del solito.
Della BAOS fanno parte diverse alterazioni anatomiche come: stenosi delle narici, allungamento del palato molle, eversione dei ventricoli laringei, eversione delle tonsille.
Tali alterazioni anatomiche possono manifestarsi contemporaneamente nello stesso soggetto o in parte, inoltre si possono osservare diversi gradi. L’alterata conformazione anatomica congenita, permette il passaggio di aria attraverso strutture anatomiche strette e compresse, questo genera un'aumentata pressione negativa inspiratoria che, inizialmente può portare solo ad un semplice processo infiammatorio dei tessuti perilaringei e ad un'eversione dei ventricoli (sacculi), ma, in una fase più avanzata, può evolvere in un peggioramento della sintomatologia respiratoria fino ad arrivare a svenimenti, crisi sincopali, cianosi, soprattutto nei periodi più caldi ed afosi e quando l'animale è sottoposto anche al minimo sforzo. La sintomatologia dei soggetti affetti da BAOS è caratterizzata da stridori e stertore (respiro russante), incremento degli sforzi respiratori, possibili problemi alla deglutizione, cianosi di vario grado. Con l’avanzare dell’età la sintomatologia può peggiorare con possibili apnee da sonno (dovuta al rilassamento dei tessuti molli che possono portare a vere apnee) e conseguenze quali: insufficienza cardiaca del cuore destro, crisi lipotimiche (svenimenti improvvisi dovuti a scarsa ossigenazione del cervello), difficoltà nella corsa, facili predisposizioni a bronchiti e/o broncopolmoniti. La sintomatologia diventa più evidente in corso di esercizio fisico, eccitamento, stress, innalzamento della temperatura e dell'umidità ambientale: tutte situazioni in cui l'animale presenta polipnea, che comporta maggiori difficoltà nel passaggio d'aria. Gli sforzi inspiratori associati a questa sindrome causano come conseguenza edema ed infiammazione secondaria della mucosa laringea e faringea, accentuando l'eversione dei ventricoli laringei che riducono ulteriormente il diametro della glottide, peggiorando la sintomatologia e innescando un circolo vizioso che determina una sensazione di soffocamento crescente nell'animale. In alcuni casi si può produrre una pericolosa ostruzione delle vie aeree superiori, in cui è messa a repentaglio la vita stessa del soggetto e per cui si richiede un'immediata terapia d'emergenza. Nella diagnosi è importante ricordare che la BAOS è una patologia tipica di alcune razze. Il proprietario lamenta che il cane presenta un respiro particolarmente rumoroso e difficoltoso, scarsa resistenza agli esercizi fisici, oppure respirazione notturna anomala. Per il medico veterinario sarà importante l’auscultazione del soggetto che presenterà tipico rumore respiratorio, valutazione della faringe, aspetto delle narici. Esami strumentali sono: rx torace, laringoscopia. La terapia ha lo scopo di ridurre al minimo i fattori che inaspriscono i sintomi clinici (è quindi consigliabile una riduzione del peso corporeo, bisogna altresì limitare l'esercizio fisico, eliminare gli stati di agitazione, favorire il raffreddamento ambientale e corporeo) e di incrementare il flusso d'aria attraverso le vie aeree superiori. Il trattamento medico consiste nella somministrazione di glucocorticoidi a rapida azione (a dosaggi antinfiammatori), ossigeno e riposo forzato in gabbia. Questo potrebbe ridurre sia l'infiammazione che l'edema secondario di faringe e laringe, aumentare così il flusso dell'aria, attenuare i sintomi per un certo periodo. Il trattamento di scelta è di sicuro la correzione chirurgica dei difetti anatomici. La procedura specifica ovviamente dipende dall'anomalia che si vuole correggere e può includere sia l'ampliamento delle narici esterne che l'asportazione della porzione del palato molle in eccesso, dei ventricoli laringei estroflessi ove presenti e delle tonsille palatine. In quanto alla prognosi essa dipenderà dunque dalla gravità delle alterazioni anatomiche e dalla possibilità o meno di correggerle chirurgicamente. Per molti animali la prognosi conseguente a quest'ultima opzione, specie se effettuata precocemente (solitamente entro i primi due anni di età), è buona.

La stenosi delle narici è una malformazione congenita delle cartilagini del naso, le cartilagini alari, che perdono la loro consueta rigidità e tendono a collassate medialmente determinando una parziale occlusione delle narici; ciò limita il flusso di aria nelle cavità nasali e costringe l’animale a compiere uno sforzo inspiratorio maggiore del consueto, causando una dispnea da moderata a grave. La respirazione può diventare ancora più difficoltosa se alla malformazione congenita delle narici si associano le altre cause di BAOS. La deviazione mediale delle narici può risultare di grado lieve, moderato, grave. Il maggior sforzo fisico che il paziente deve compiere per poter respirare è segnalato da retrazione delle commessure labiali, respirazione a bocca aperta o costante presenza di ansimi, arti anteriori abdotti ed esagerata contrazione della muscolatura addominale. La tecnica chirurgica consiste nella parziale resezione della cartilagine nasale laterale dorsale.





Il palato molle è la più importante causa di difficoltà respiratoria nei cani di razze brachicefale. Durante l’inspirazione il velo pendulo eccessivamente lungo viene spinto caudalmente andando ad occludere tutto il settore dorsale della glottide. Con il tempo, la mucosa della laringe si infiamma e diventa edematosa, ciò provoca un ulteriore restringimento delle vie respiratorie. Durante la fase di espirazione la punta del palato molle viene spinta verso il cavo rinofaringeo. Nei soggetti affetti da eccessivo allungamneto del velo pendulo si osservano, turbe del meccanismo di deglutizione, che rendono difficoltosa la respirazione. Nei soggetti con l’avanzare dell’età l’allungamento del palato molle è associato ad un collasso laringeo. Nei soggetti di razze brachicefale è piuttosto difficile osservare bene la cavità orofaringea e la laringe, perchè in genere la loro lingua è piuttosto spessa e qualsiasi manovra di contenimento dell’animale può aggravare la sintomatologia dispnoica. Di conseguenza si rende necessario mettere il paziente in sedazione o anestesia generale. Un palato molle lungo va a ricoprire l’epiglottide per pochi millimetri. Nelle ore immediatamente antecedenti l’intervento si rende necessaria la somministrazione di corticosteroidi a dosi antinfiammatorie per ridurre la tumefazione della mucosa laringea.






La porzione eccessiva del palato può essere asportata con forbici, laser a CO2, elettrocauterio (può accentuare di molto la tumefazione). Il margine caudale del palato deve essere accorciato in modo che la sua parte terminale vada a toccare la punta dell’epiglottide; un’escissione troppo limitata non risolverebbe il problema, viceversa, l’asportazione di una porzione eccessiva provocherebbe continui rigurgiti di materiale alimentare nel naso.

Per eversione dei ventricoli laringei si intende un prolasso della mucosa che costeggia e delimita le cripte laringee. Viene diagnosticata con minor frequenza rispetto le precedenti e costituisce il primo stadio di un collasso della laringe. Quando nel soggetto si manifestano le patologie viste in precedenza in maniera cronica, il passaggio del flusso di aria attraverso la stenosi laringea genera una notevole pressione negativa; ciò induce il prolasso della mucosa delle cripte laringee adiacenti, provocandone il rigonfiamento verso il lume. Una volta instauratasi questa condizione, la mucosa si irrita facilmente e diventa sempre più edematosa, finendo per ostruire quasi del tutto il settore inferiore della laringe e rallentando così ulteriore flusso di aria.

L’eversione delle tonsille è una conseguenza dello stato infiammatorio della mucosa faringea e coadiuva la BAOS. Anche in questo caso il rimedio è chirurgico e consiste nell’asportazione di entrambe le tonsille palatine mediante bisturi o laser CO2 oppure elettrocauterio (può accentuare la tumefazione).
dott.Francesco Buompane

lunedì 13 giugno 2011

COLLASSO TRACHEALE NEL CANE

Il collasso tracheale del cane è una sindrome da insufficienza respiratoria dovuta a schiacciamento del lume tracheale. Talvolta si definisce erroneamente collasso tracheale quella che invece è una stenosi congenita della trachea.

EZIOLOGIA

L’eziologia resta tuttora sconosciuta; tra le ipotesi si citano cause genetiche, deficit neurologici, patologie delle vie respiratorie profonde, fenomeni di degenerazione della matrice cartilaginea, cause allergiche.
I soggetti colpiti appartengono quasi esclusivamente a cani di piccola taglia: chihuahua, barbone nano, volpino di Pomerania, volpino italiano, yorkshire terrier, etc.
E’ una patologia in cui non si osserva distinzione di sesso, in genere i sintomi si manifestano verso i 7-8 anni di età, anche se in casi rari la patologia può comparire già al secondo anno di età.


ANATOMIA

La trachea è una struttura anatomica formata da anelli cartilaginei che collega la faringe ai bronchi. Consente meccanicamente il passaggio dell’aria tra questi due distretti.
Nel cane la trachea è sostenuta da circa 30 - 45 anelli di cartilagine a forma di "C", la chiusura completa dell'anello si ha ad opera di tessuto molle ben teso: la membrana tracheale dorsale.

Nel collasso tracheale, si assiste ad una modificazione della cartilagine tracheale che viene a perdere la sua normale rigidità. Tutto ciò è legato a fenomeni degenerativi che colpiscono gli anelli cartilaginei tracheali, per cui la normale cartilagine ialina viene sostituita da tessuto fibrocartilagineo e fibre collagene, con forte deplezione di glicoproteine e glicosamminoglicani. La conseguenza è che gli anelli tracheali non riescono più a garantire la normale conformazione della trachea nelle varie fasi della respirazione, tendono a collassare su se stessi, in direzione dorso ventrale. Il tratto interessato durante l’inspirazione è quello cervicale, invece durante l’espirazione l'aumento di pressione nella gabbia toracica ad opera dei polmoni può schiacciare il tratto intratoracico. Questo, comporta, durante la respirazione, una riduzione del lume tracheale e quindi una diminuzione dell’aria in entrata che nei casi più gravi può arrivare fino all’asfissia. Di conseguenza, si possono riscontrare rumori respiratori anomali, scarsa resistenza ad attività motoria, rigurgito e una dispnea di intensità variabile a seconda della gravità del collasso.


SINTOMI

L’evoluzione dei sintomi negli anni è lenta, ma progressiva ed irreversibile, può portare a morte per insufficienza respiratoria acuta. Sintomi comuni sono presenza di rumori respiratori anomali, dispnea, intolleranza all’esercizio fisico e agli stimoli emotivi, cianosi ed attacchi sincopali. Le anomalie respiratorie consistono in respirazione stridente e sibilante, associata a tosse secca non produttiva, che per il particolare suono prodotto è definita a “verso d’anatra”.
Dopo il pasto o l'assunzione di acqua spesso il cane tossisce, a volte presenta conati o addirittura vomita, quando si eccita e si affatica aumenta la gravità del problema. Umidità, calore e stress portano ad un peggioramento della situazione.
Il sintomo più evidente che porta spesso il proprietario a recarsi dal proprio medico veterinario è la tosse. Questa inizialmente può manifestarsi in seguito ad attività fisica, in conseguenza di stati di eccitazione (esempio quando il proprietario rientra a casa dal lavoro), dall’assunzione di cibo o acqua, o per ambiente caldo e umido oppure per una semplice compressione meccanica della trachea (quando ad esempio il cane tira al guinzaglio).
Inizialmente i sintomi sono sporadici e ad accessi, scatenati principalmente dalle alte temperature, dall’agitazione e dal movimento, poi diventano continui manifestandosi anche a riposo e durante le ore notturne. Nel tempo la tosse può peggiorare per complicanze secondarie come le alterazioni indotte sull’epitelio tracheale che porta a tosse rantolosa.

Sebbene i segni clinici che li caratterizzano possono essere simili, non bisogna confondere il collasso tracheale con la stenosi della trachea; quest’ultima è un abnorme restringimento del lume tracheale frutto di una malformazione congenita o di un trauma. Una di queste forme congenite è l’ipoplasia tracheale: in questo caso il condotto tracheale presenta un lume insolitamente ristretto per tutta la sua lunghezza. L’ipoplasia tracheale colpisce solitamente razze come il bulldog inglese e altre razze brachicefale.

DIAGNOSI

Il collasso tracheale è una patologia che facilmente può essere confusa con altre forme respiratorie come tracheobronchiti infettive, polmoniti, bronchiti, ostruzione tracheale, paralisi laringea, malformazioni del palato molle, insufficienza cardiaca congestizia, edema polmonare.
L’esame clinico del paziente può darci qualche indicazione, la diagnosi di certezza si avvale di tecniche di diagnostica per immagini. La tecnica più utilizzata è l'esame radiografico diretto a cui si possono associare l’endoscopia, la fluoroscopia e la TAC.








Foto: collasso tracheale in un soggetto di razza yorkshire terrier

In qualche paziente, palpando la trachea nel segmento cervicale si può percepire la consistenza flaccida degli anelli tracheali, che presentano bordi laterali ispessiti, e la manovra può scatenare un accesso di tosse parossistica.
La fase respiratoria in cui si scatta la radiografia è importante per valutare il tratto tracheale sospetto. Durante l'inspirazione si osserva sul radiogramma la riduzione delle dimensioni della trachea che corre lungo il tratto cervicale, mentre in fase di espirazione si può valutare se esiste un difetto a livello del tratto tracheale toracico.
Di regola il cedimento delle cartilagini tracheali interessa grossomodo tutta la lunghezza dell’organo, ma in genere c’è sempre un tratto che risulta maggiormente colpito. Si parla di collasso di I grado quando il lume tracheale appare ridotto del 25% e gli anelli cartilaginei mantengono un contorno vagamente rotondeggiante. Nel collasso di II grado il diametro della trachea è ridotto del 50 % e le cartilagini tracheali iniziano ad appiattirsi. Il collasso di III grado è caratterizzato da una riduzione del lume tracheale del 75% e anelli cartilaginei quasi del tutto schiacciati. Il lume della trachea, risulta, infine quasi del tutto inesistente nel collasso di IV grado; le pareti cartilaginee dell’organo sono ridotte ad una lamina appiattita.

TERAPIA

Il trattamento del paziente affetto da collasso tracheale varierà a seconda del grado di intensità del collasso, della presenza di patologie o infiammazioni concomitanti.
In corso di crisi respiratoria e tosse l’intervento immediato da eseguire in qualsiasi caso è tranquillizzare il soggetto e massaggiare la trachea.
Fornirgli ossigeno, trattarlo con antitussigeni e tranquillanti è l'approccio più indicato in circostanze gravi.
Il medico veterinario dopo aver effettuato una serie di indagini diagnostiche stabilirà la terapia più adeguata al caso clinico.
In linea generale potranno essere utilizzati antibiotici per infezioni concomitanti (cefazolina, clindamicina, enrofloxacina), broncodilatatori (aminofillina), corticosteroidi (desametazone, prednisolone).
La terapia di mantenimento è rivolta a ridurre al minimo i disturbi e a mantenere il soggetto in condizioni accettabili.
In letteratura sono stati riportati diversi lavori sull’utilizzo dello Stanozololo (0,3 mg/kg) in soggetti con collasso tracheale a vario stadio di gravità. Lo Stanozololo, androgeno di sintesi, manifesta, per le sue caratteristiche chimiche, una maggiore affinità, a basso dosaggio, per i recettori dei glucocorticoidi rispetto a quelli per gli androgeni con esaltazione dei suoi effetti anti-distrofici.
La terapia chirurgica consiste nell'impiego di protesi anulari che assicurino il sostegno della trachea, viene attuata solamente nei casi di collasso cervicale e deve essere ben ponderata perché non scevra da rischi postoperatori. Si consiglia di sottoporre ad intervento chirurgico tutti i cani che manifestano un quadro clinico di intensità da moderata a grave e ormai refrattari a qualsiasi trattamento medico.

PREVENZIONE

I pazienti affetti da collasso tracheale devono vivere in ambienti privi di fumo, allergeni e altre sostanze irritanti per le vie respiratorie. E' fondamentale far dimagrire i soggetti obesi. I collari devono essere sostituiti da pettorine, evitando che il soggetto tiri quando condotto a passeggio. In condizioni climatiche calde e umide i soggetti vanno gestiti con attenzione.
Il collasso tracheale è una patologia che segue il proprio decorso naturale, quello che possiamo senz’altro fare è ritardare il suo “cammino” adottando gli opportuni accorgimenti.

lunedì 18 gennaio 2010

EMANGIOSARCOMA SPLENICO

L’emangiosarcoma è una neoplasia maligna che prende origine dall’endotelio vascolare. Il cane risulta la specie maggiormente colpita con un’incidenza del 7 % rispetto a tutte le forme neoplastiche maligne. L’età media dei soggetti a rischio è di 8-10 anni. La milza è il sito più comune di localizzazione primaria (50%), ma possono essere coinvolti altri siti primari quali cuore (atrio destro) 25%, cute e sottocute 13%, fegato 5%, tessuto osseo 1-5% e raramente altri organi 1-2% (sistema nervoso centrale, reni, vescica, muscoli, prostata e cavità orale). Questa neoplasia è contraddistinta da un’elevata aggressività, per cui sin dai primi stadi della malattia quasi tutte le forme in cui essa si manifesta sono caratterizzate dalla comparsa di infiltrazioni di tessuto neoplastico e di metastasi a distanza; metastasi che colonizzano soprattutto polmoni e fegato, sebbene tutti gli organi possano essere interessati.

EPIDEMIOLOGIA ED EZIOPATOGENESI DELL’EMANGIOSARCOMA

Le razze più colpite sono: pastore tedesco, golden retriever, bovaro del bernese, boxer, a cui si aggiungono altre a pelo corto e mantello pezzato: whippets, dalmata, american staffordshire terrier, beagle, basset hound, pointer, greyhound, saluki.

CLASSIFICAZIONE E ASPETTI CLINICI

Le manifestazioni dei segni clinici nei soggetti affetti da emangiosarcoma è correlata alla localizzazione anatomica del sito primario della neoplasia, alla presenza o meno di metastasi, alla eventuale rottura della massa tumorale e/o alle eventuali anomalie coagulative. Oltre il 50% dei cani che soffrono di emangiosarcoma vengono portati alla visita clinica per un collasso circolatorio acuto che, in genere, segue la rottura della massa tumorale primitiva o delle sue metastasi. In base alla sede di localizzazione delle lesioni primarie l’emangiosarcoma può essere classificato in: splenico, cardiaco, epatico, cutaneo e del tessuto osseo.

EMANGIOSARCOMA SPLENICO

Tra tutte le neoplasie maligne della milza nel cane, l’emangiosarcoma splenico presenta un’incidenza superiore alla somma di tutte le altre. Poiché l’emangiosarcoma origina dai vasi sanguigni, può formarsi in molte sedi anatomiche differenti. In una percentuale compresa tra il 24% ed il 45% di tutti i cani che manifestano emangiosarcoma splenico, si può osservare un concomitante emangiosarcoma atriale destro. L’emangiosarcoma splenico è un tumore invasivo che frequentemente metastatizza al fegato, all’omento ed al mesentere. Più del 50% dei cani affetti presenta un’elevata incidenza di lesioni metastatiche già alla prima visita.. L’emangiosarcoma del tessuto splenico si osserva maggiormente in cani anziani di media e grossa taglia, frequentemente pastori tedeschi. I sintomi clinici nei soggetti affetti da emangiosarcoma splenico sono generalmente vaghi e aspecifici e comprendono dilatazione dell’addome, perdita di peso e anoressia, debolezza, letargia, depressione, vomito, pallore delle mucose e shock ipovolemico causato da rottura della milza con conseguente emoperitoneo. Per la varietà di questi sintomi non sempre la malattia risulta manifesta, tanto che spesso i soggetti affetti da emangiosarcoma vengono sottoposti alla visita clinica in uno stadio già avanzato di malattia, caratterizzato dalla rottura del tumore primario o dalla presenza di focolai di metastasi in altri organi.

PROCEDURE DIAGNOSTICHE

L’aspecificità dei segni clinici dell’emangiosarcoma rende la diagnosi di questa neoplasia complessa se fa riferimento esclusivamente alla sintomatologia; questo comporta molto spesso che ai soggetti portati alla visita clinica l’emangiosarcoma venga diagnosticato in stadi già avanzati di malattia.
ALTERAZIONI EMATOLOGICHE L’emangiosarcoma nel cane è sempre associato a gravi anomalie ematologiche. L’anomalia ematologia più comune nei soggetti affetti da emangiosarcoma è la trombocitopenia. Altre alterazioni dei parametri ematochimici includono anemia, piastrinopenia, fibrinogenemia, DIC (coagulazione disseminata intravasale) LCC (localized consuptive coagulothy), neutrofilia. L’anemia è generalmente normocromica, normocitica e rigenerativa. Infatti si ha spesso la presenza di indicatori standard di anemia rigenerativa come: reticolocitosi, presenza di globuli rossi nucleati, poichilocitosi, acantocitosi, e presenza di corpi del howell-jolly. L’anemia può derivare da emorragie intracavitarie per rottura del tumore o per emolisi microangiopatica; il risultato della lisi dei globuli rossi è data dalla presenza degli schistociti nel circolo sanguigno periferico . Agli esami ematochimici si aggiungono indagini diagnostiche rappresentate da esami ecografici, radiografici, tomografici (TC) diagnosi citologica e istologica.
ESAME ECOGRAFICO Tra le indagini diagnostiche assume notevole importanza l’ecografia che consente di individuare masse neoplastiche a livello della milza, del fegato e soprattutto del cuore (ecocardiografia). L’esame ecografico può mostrarsi utile per la valutazione di pazienti nei quali si sospetta o sia stata già accertata la presenza di un emangiosarcoma a localizzazione intraaddominale. L’aspetto ecografico dell’emangiosarcoma splenico è molto variabile, conseguenza della frequente formazione di ematomi, di focolai necrotici, di cisti, a volte di dimensioni maggiori del tumore stesso. La diagnosi di certezza è fornita dal solo esame istologico della lesione eseguito successivamente alla exeresi.
ESAME RADIOGRAFICO L’esame radiografico condotto sui visceri e sui tessuti molli consente di documentare la presenza di masse occupanti spazio, metastasi o conseguenze di un tumore come ad esempio versamenti (emoperitoneo, emopericardio). Tuttavia non fornisce importanti informazioni ai fini diagnostici differenziali. Infatti la radiologia consente a livello toracico di rilevare metastasi polmonari, edema pericardico e/o edema polmonare; a livello addominale evidenzia splenomegalie, epatolomegalie, versamenti. L’esame radiografico rappresenta invece un’accurata indagine per il tessuto scheletrico.

Fig.1. Esame Radiografico addome cane.

ESAME TOMOGRAFICO (TC) I principali vantaggi della TC rispetto all’esame radiografico sono: la possibilità di mettere meglio in evidenza le differenze di densità dei tessuti molli, l’eliminazione della sovrapposizione, la possibilità di modificare la qualità dell’immagine per visualizzare le varie strutture, modificando alla consol il contrasto (window width) e la luminosità (window level). La TC permette di valutare discontinuità anche minime della corticale ossea, proliferazione ossea localizzata, interessamento anche dei tessuti molli circostanti. La TC può essere utilizzata nella valutazione di lesioni focali e come guida per procedure interventistiche, per individuare metastasi di piccole dimensioni toraciche e addominali non osservate da esami radiografici ed ecografici. È fondamentale di questa tecnica la possibilità di fornire informazioni morfologiche dettagliate e standardizzate, con piani di scansione assiali e ricostruzioni multiplanari.
ESAME CITOLOGICO E BIOPTICO Il prelievo citologico e bioptico costituiscono una fondamentale ma complessa indagine diagnostica, per quanto riguarda l’emangiosarcoma, in quanto può esistere il rischio di rottura della massa neoplastica con conseguente rilascio di cellule che metastatizzano attraverso le vie di penetrazione dell’ago oltre alla possibilità di emorragie per la fragilità degli organi coinvolti. Le complicanze del prelievo citologico e bioptico si riscontrano soprattutto negli organi parenchimatosi quali milza e fegato che in condizioni patologiche aumentano di volume, sono più friabili e appaiono tumefatti. La biopsia e la successiva valutazione istologica viene utilizzata come conferma diagnostica.


Fig.2. Esame microscopico di un campione di tessuto splenico.

TERAPIA E PROGNOSI

La classificazione per stadi di sviluppo dell’ emangiosarcoma può essere effettuata avvalendosi dello schema di valutazione messo a punto da Russell et Al. Il suddetto protocollo si basa a sua volta sul sistema di classificazione TNM previsto dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS/WHO) (Tab.1)


Da Russell W.O. et Al. A clinical and pathologic System for soft tissue sarcomas, Cancer. 1977

La prognosi dei soggetti affetti da HSA dipende dallo stadio clinico della malattia e dalla eventuale risposta alla terapia da parte del paziente. L’emangiosarcoma si evolve in tre stadi:
•il primo è rappresentato dalla localizzazione del tumore in una determinata sede, senza presenza di metastasi, oppure dall’assenza di recidive dopo l’asportazione della massa neoplastica principale
•il secondo è rappresentato dalla rottura della massa neoplastica dal sito primario indipendente o meno dalla presenza di metastasi
•il terzo e ultimo è rappresentato da una massa neoplastica rotta che invade in maniera aggressiva le strutture adiacenti al sito di localizzazione, oppure da siti metastatici molto distanti dal tumore primario. Soggetti al primo stadio di malattia hanno un tempo di sopravvivenza molto più lungo rispetto ai pazienti al secondo e terzo stadio, indipendente dal protocollo terapeutico scelto.
In Tab.2 sono riportati i tempi medi di sopravvivenza dei soggetti con emangiosarcoma in relazione allo stadio clinico.


Tab.2. Stadio clinico e tempo di sopravvivenza.

La terapia di elezione per le forme di emangiosarcoma primario si avvale dell’intervento chirurgico. La sola escissione chirurgica, quasi mai risolutiva, prevede un periodo di sopravvivenza che non supera mai un anno, per la frequente insorgenza di metastasi o di eventuali complicanze.


Fig.3.Asportazione chirurgica milza


fig.4. Emangiosarcoma splenico




La splenectomia rappresenta il trattamento di elezione in pazienti con emangiosarcoma splenico, nei quali l’evidenziazione di metastasi diffuse o l’insufficienza di altri organi non preclude i benefici a breve termine dati dalla rimozione della milza aumentata di volume e/o rotta. Il tempo medio di sopravvivenza in cani con emangiosarcoma splenico è tra le 10 e le 23 settimane dopo la splenectomia, in funzione dallo stadio della patologia. La splenectomia può non essere giustificata in cani con concomitante tumore atriale destro. A tale proposito va effettuata un’attenta visita clinica del paziente prima dell’intervento chirurgico. In animali con neoplasie maligne è consigliata la splenectomia totale, più che quella parziale. Durante il trattamento post operatorio gli animali con emangiosarcoma splenico dovrebbero essere tenuti sotto stretto controllo per la possibile insorgenza di coagulazione intravasale disseminata in seguito a splenectomia. Bisognerebbe valutare costantemente il valore dell’ematocrito ed eseguire una trasfusione di sangue se il suo valore risulta inferiore al 20 %. Nella quasi totalità dei casi, per la natura aggressiva e maligna di questo tumore, la terapia chirurgica, quando possibile, è sempre affiancata dalla chemioterapia. La scelta del protocollo chemioterapico deve essere effettuata tenendo conto dell’efficacia del farmaco, della sua maneggevolezza e dei potenziali effetti tossici. In letteratura sono riportati innumerevoli protocolli chemioterapici per il trattamento dell’emangiosarcoma, la maggior parte dei quali prevede la somministrazione di vincristina, doxorubicina e ciclofosfamide (VAC). In Tab.3 sono riportati i tempi di sopravvivenza di soggetti affetti da diverse forme di emangiosarcoma in base al trattamento terapeutico utilizzato.


Tab.3. Trattamento terapeutico e tempi di sopravvivenza

Il tempo medio di sopravvivenza dei soggetti colpiti da emangiosarcoma varia non solo in base al trattamento utilizzato, ma anche in funzione dello stadio di sviluppo del tumore, dell’età del soggetto affetto e della risposta immunitaria individuale.

Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO
www..dottfrancescobuompane.blogspot.com