sabato 24 ottobre 2009

OTOEMATOMA NEL CANE E NEL GATTO

Un otoematoma è una raccolta di sangue all’interno della lamina cartilaginea del padiglione auricolare.




Fig.1 otoematoma gatto persiano 8 anni.







Foto.2 cane con otoematoma










E’ una patologia che può colpire sia il cane che il gatto ed è in genere caratterizzata da una tumefazione fluttuante, ripiena di liquido, della superficie concava del padiglione auricolare.


Cause e patogenesi dell’Otoematoma

La causa principale è il continuo scuotimento della testa ed il grattamento dell’orecchio causati dal dolore e dall’irritazione che accompagnano l’otite esterna con conseguente frattura della cartilagine auricolare. Esistono anche cause sconosciute.
L’ematoma origina dai rami dell’arteria auricolare che lesionata porta ad un accumulo di liquidi tra la cartilagine auricolare e lo strato cutaneo.
L’otoematoma è una lesione dinamica: il sanguinamento continua fino a quando la pressione dell’ematoma eguaglia la pressione dell’arteria che lo ha provocato; nel momento in cui il grattamento o lo scuotimento della testa causano un’ulteriore scollamento della cartilagine, il sanguinamento riprende. Le dimensioni dell’ematoma aumentano fino a quando l’effetto “cuscino” dell’ematoma stesso non riesce a contrastare gli effetti degli autotraumaismi. Una volta maturato, l’ematoma si trasforma in un seroma.
L’ematoma appare inizialmente a contenuto liquido soffice e fluttuante, negli stadi avanzati può divenire duro ed ispessito come risultato della fibrosi. In questo caso l’orecchio può assumere aspetto a cavolfiore.


Terapia

La terapia medica consiste nel somministrare farmaci quali antibiotici, fibrinolitici, antiinfiammatari ed in particolare nel curare la causa primaria: l’otite. Si rende necessario in ogni caso per evitare di rovinare l’estetica dell’animale intervenire chirurgicamente. Taluni colleghi riferiscono di praticare incisioni sul padiglione auricolare per favorirne lo svuotamento mediante centesi, ma tutto ciò a mio parere esita in recidive o accartocciamenti del padiglione auricolare.

Trattamento chirurgico

Gli obiettivi dell’intervento chirurgico sono: rimozione dell’ematoma, prevenzione recidive e preservazione del normale aspetto dell’orecchio.
La tecnica da me utilizzata è caratterizzata come riportato nelle foto seguenti, da praticare una incisione sulla superficie interna del padiglione auricolare a forma di S, dall’evacuazione del sangue e fibirina, dall’irrigazione della cavità e dalla giustapposizione della cartilagine mediante sutura fino alla formazione di tessuto cicatriziale. Per evitare alterazioni anatomiche dell’orecchio risulta particolarmente importante l’applicazione dei punti (preferisco utilizzare filo nylon) parallelamente alle strutture vascolari avendo cura di evitare i vasi principali. Inoltre è necessario evitare la cicatrizzazione rapida dei lembi della ferita in modo da consentire nei giorni seguenti l’intervento un giusto drenaggio, praticare una fasciatura adeguata del padiglione auricolare utile alla distenzione. Tale fasciatura sarà rimossa dopo un periodo di 10-15 giorni assieme ai punti.



Fig.3 Modalità di applicazione punti in un gatto




Fig.4 fasciatura otoematoma cane pitt bull “ken”





Fig.5 metodo di fasciatura post operatoria.














Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO
www..dottfrancescobuompane.blogspot.com

sabato 12 settembre 2009

Pericolo forasacco nel cane e nel gatto

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Cos’è il forasacco


Con il termine “forasacco” si indica il seme di una graminacea della pianta di hordeum murinum o “orzo selvatico” o della pianta di avena fatua o “avena selvatica”. La pianta è largamente diffusa in tutta Italia, nei campi incolti, lungo i margini delle strade, nei giardinetti cittadini.
La particolarità di questi semi è quella di avere una punta acuminata a forma di lancia e un rivestimento su tutta la superficie di una fitta ed ispida zigrinatura che, anche se quasi invisibile ad occhio nudo, è molto percettibile al tatto. La particolare disposizione di queste appendici consente al seme l'imbrigliamento tra i peli degli animali e il movimento solo in una direzione. Il forasacco diventa particolarmente pericoloso quando da verde diventa secco in quanto si indurisce e ciò consente una miglior penetrazione e progressione.
Il periodo più rischioso per il contatto con i semi è quello estivo, infatti, i forasacchi imperversano quando seccano le erbacce da aprile nelle regioni più calde, fino ad ottobre.

















Fig.1 Forasacco


Quali sono le sedi principali di penetrazione del forasacco?


Le parti anatomiche maggiormente esposte alla penetrazione dei forasacchi sono: il condotto uditivo, gli occhi, gli spazi interdigitali, le narici, le logge ascellari, la regione inguinale, l’interno del prepuzio per i maschi, la vulva per le femmine, la regione perianale. L’imbrigliamento viene favorito nei cani o gatti dal pelo lungo, in questo caso se il soggetto non viene spazzolato spesso è facile trovarne diecine, centinaia in diverse parti del corpo.
Conseguenze e segni clinici
L’ingresso di un corpo estraneo nell’organismo animale sicuramente è causa di una grave infezione che si manifesta con arrossamenti, pus, edema, gonfiore, dolore. Naturalmente i segni clinici saranno differenti a seconda della sede di penetrazione.
Una delle sedi d’ingresso più importati sono le vie respiratorie superiori. Soggiornando nelle cavità nasali per qualche giorno i corpi estranei possono portare forti irritazioni. La progressione in questi casi può avvenire verso la faringe e quindi l’esofago, nella migliore delle ipotesi, o verso le vie respiratorie profonde causando in questi casi polmoniti, piotorace, paralisi per localizzazioni in prossimità delle vertebre toraciche. I segni clinici compaiono ben presto, caratterizzati da starnuti continui e violenti spesso seguiti da rinorragia (fuoriuscita di sangue dalle cavità nasali).
La via di ingresso più frequente è attraverso il condotto uditivo esterno. In questo caso in genere il corpo estraneo si blocca in prossimità del timpano. I segni clinici sono caratterizzati da scuotimento della testa più o meno frequente, cani e gatti con portamento del padiglione auricolare eretto manifesteranno un abbassamento per dolore. Il sintomo prurito è frequente e accompagnato dal grattarsi insistentemente con le zampe e con lo strofinare la testa dal lato interessato per terra. Se il proprietario non si accorge dei segni clinici i forasacchi permanendo nel condotto uditivo per lungo tempo sono causa di otiti purulente.
La penetrazione nell’occhio è piuttosto rara. È causa di forte dolore e lacrimazione a tal punto che il soggetto tende a chiudere l’occhio interessato. Se il corpo estraneo non viene rimosso rapidamente facilmente si possono osservare congiuntiviti purulente e talvolta lesioni, ulcere o perforazioni della cornea, fino alla perdita dell’organo.
Altre vie di penetrazione sono la cute integra. Il corpo estraneo in questo caso soggiornando più tempo nella sede è in grado di perforare i diversi strati cutanei sino a raggiungere gli strati muscolari profondi. Durante la progressione si crea un tragitto fistoloso con infezione di tutti gli strati profondi fino a raggiungere l’osso. Se l’ingresso avviene a livello degli arti facilmente si può avere zoppia.





















Fig.2 radiogramma in cui si nota una reazione periostale del primo metacarpo indotta dalla permanenza di un forasacco nella zampa.


Metodi di rimozione del forasacco


La rimozione del corpo estraneo si effettua con attrezzi specifici come l’hartmann e l’ausilio di un otoscopio, laringoscopio o mediante endoscopia. Talvolta può essere d’utilizzo l’ecografo, personalmente con questo strumento mi è capitato di individuare la presenza di un forasacco in una zampa.






















Fig. 3 Hartmann con forasacco appena estratto dal condotto udito esterno di un cane.

Talvolta la rimozione in sedi particolarmente delicate può richiedere una sedazione del soggetto o anestesia profonda, oppure può rendersi necessario un vero intervento chirurgico. È sempre meglio che la rimozione sia repentina prima che il corpo estraneo possa causare danni irreparabili.


















Fig. 4 Tentativo di estrazione dal condotto uditivo esterno mediante otoscopio. Cane: Magò






Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO
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giovedì 2 luglio 2009

DERMATOFITOSI NEL CANE, GATTO E CONIGLIO

Le dermatofitosi sono malattie infettive contagiose delle strutture cheratinizzate (peli, strato corneo, unghie) provocate da funghi detti dermatofiti appartenenti principalmente ai generi Microsporum, Trichophyton ed Epidermophyton. Nelle dermatofitosi del cane, gatto e coniglio il dermatofita più comunemente isolato in Italia è Microsporum canis che è responsabile del 49% dei casi di tinia capitis e tinia corporis dell’uomo.
Le micosi costituiscono importanti zoonosi, patologie che si possono trasmettere dagli animali all’uomo. Il contagio avviene in genere in soggetti stressati o immunodepressi, con scompensi endocrini, condizioni organiche carenziali, carenze vitaminiche, alterazioni del derma o in conseguenza di un calo delle difese immunitarie. Fattori predisponesti sono anche prolungate terapie antibiotiche o cortisoniche.
La trasmissione avviene mediante contatto diretto tra animale infetto e individuo recettivo, oppure mediante contatto indiretto attraverso le spore che sono forme di resistenza del fungo presenti nell’ambiente. Pertanto anche se sono stati registrati casi di guarigione spontanea, le dermatofitosi richiedono un trattamento tempestivo. Inoltre la presenza di dermatofiti negli animali è influenzata dalla temperatura e dalla umidità e quindi varia a seconda della stagione e del clima.
Oggi la specie animale più recettiva è il gatto, importante in quanto facilmente può fungere da portatore asintomatico.
Inoltre non solo gli animali possono trasmettere funghi all’uomo, viceversa le dermatofitosi dell’uomo possono essere trasmesse dal proprietario all’animale.


Caratteristiche

Il coinvolgimento cutaneo può essere localizzato, multifocale o generalizzato. La sintomatologia clinica delle infezioni da dermatofiti nei carnivori domestici si manifesta con una vasta gamma di lesioni cutanee: mentre nel cane prevalgono lesioni alopeciche tondeggianti più o meno generalizzate, nel gatto il quadro clinico è estremamente variabile e si può presentare con forme asintomatiche fino ad infezione dei tessuti profondi.















Fig.1. Micosi cutanea uomo















Fig.2. Micosi da Microsporum Canis in un pastore tedesco di 10 anni. Localizzazione dorso.


Il prurito, quando presente, è di solito lieve anche se occasionalmente può essere più intenso. Le lesioni tipiche sono aree circolari o a disegno irregolare o aree diffuse di alopecia con desquamazione di grado variabile. Le aree coinvolte tendono ad espandersi con andamento circolare, con una zona di guarigione centrale e di erosione periferica. I peli rimanenti possono presentarsi accorciati o spezzati. Fra gli altri sintomi sia nel cane che nel gatto ci sono eritemi, papule, croste, seborrea e paronichia (infezione della plica di cute in corrispondenza dell’unghia) o onicodistrofia di una o più dita. Le zone del corpo più facilmente colpite sono il muso, la parte dorsale delle zampe, il collo, il dorso e le natiche dell’animale. Nel gatto è frequente lo stato di portatore asintomatico (con infezione subclinica), specialmente nelle razze a pelo lungo.


Diagnosi

Nella diagnosi di micosi vanno considerati diversi fattori:
anamnestici ed epidemiologici: eventuale presenza di fattori predisponesti, stato fisiologico dell’individuo, eventuale trasmissione ai proprietari e/o viceversa, predisposizione di specie e razza;
Clinici: presenza di lesioni cutanee tondeggianti e delimitate con frequente reazione eritemato-squamosa; assenza o perdita di pelo, con o senza prurito.
Di laboratorio:
•Esame della lesione tramite lampada di wood che va eseguito solo se non sono stati ancora effettuati trattamenti topici con disinfettanti in modo da evitare falsi positivi. Studi recenti hanno dimostrato che solo nel 40-60% dei casi di infestazione da Microspurum canis si ha fluorescenza della lesione.
•Esame microscopico diretto del materiale prelevato.
•Esame colturale mediante utilizzo di terreni colturali (DTM) che consentono la coltivazione del fungo e quindi anche l’identificazione microscopica. Il tempo richiesto per la coltivazione e lo sviluppo della colonia si aggira intorno ai 5-10 gg.




















Fig.3. Terreno DTM con sviluppo della colonia di Microsporum Canis e contaminanti dopo 5 gg. Notare il viraggio del terreno verso il rosso.

Di fondamentale importanza negli ultimi due casi la metodica di prelievo. Il campione deve essere prelevato con lama di bisturi sterile dalla periferia della lesione non trattata. È necessario pulire la zona con alcool per evitare la presenza di contaminanti, poi raschiare parte del pelo e della cute per prelevare il materiale. Questo va riposto in terreno e incubato alla temperatura di 20-30 °C.


Terapia

La terapia, a seconda del caso, può essere topica, sistemica. In alcuni casi vanno combinate entrambe. Nelle micosi localizzate del cane e coniglio si può utilizzare solo la terapia topica, invece nelle micosi generalizzate e in quelle asintomatiche del gatto è necessario abbinare la terapia sistemica.
Le terapie in caso di dermatofitosi sono sempre di lunga durata.

Terapia topica: esistono diverse formulazioni contenenti ketoconazolo, miconazolo, econazolo, enilconazolo, clorexidina al 4%.
Dall’esperienza personale consiglio nel coniglio l’utilizzo di clorexidina al 4% o di enilconazolo.
Nel cane e gatto meglio l’utilizzo di itraconazolo, ketoconazolo, enilconazolo e miconazolo.

Terapia sistemica: deve essere utilizzata sempre nel gatto ed è preferibile a base di itraconazolo.
Nel cane in caso di infestazioni localizzate è consigliabile l’uso di griseofulvina (a stomaco pieno in quanto l’assorbimento è migliore in presenza di grassi) o di itraconazolo. Il ketoconazolo tra i derivati enilconazolici è il più tossico per il fegato. Nel gatto la griseofulvina è poco efficace meglio l’utilizzo dell’itraconazolo (Itrafungol®). Nel coniglio si ottengono ottimi risultati con l’utilizzo di griseofulvina o ketoconazolo.

Disinfezione locali: formalina soluzione al 10%, enilconazolo 50 mg/m2 , clorexidina 0,05%.


Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO
www.dottfrancescobuompane.blogspot.com

domenica 12 aprile 2009

Le infestazioni da pulci, zecche e altri comuni parassiti esterni del cane e del gatto, profilassi.

Gli ectoparassiti sono agenti esterni che vivono e si nutrono sulla superficie corporea dell’animale.
Le infestazioni da ectoparassiti più comuni in Italia sono provocate da:

•pulci (Ctenocephalides canis, felis)
•zecche (Riphicephalus sanguineus, Dermacentor spp., Ixodes spp.)
•pidocchi
•acari (Demodex canis, cati; Sarcoptes scabiei, Notoedres cati, Otodectes cynotis, Cheyletiella)
•flebotomi
•zanzare

Tali agenti patogeni possono arrecare un grave danno quando infestano in maniera massiva gli animali domestici in quanto sono in grado di sottrarre diverse sostanze nutritive (sangue) o di sensibilizzare il sistema immunitario dei soggetti colpiti (reazioni allergiche).
Inoltre sono potenzialmente vettori di molte malattie infettive gravi e talvolta letali quali per esempio la leishmaniosi, la piroplasmosi, l’erhlichiosi, etc.
Pertanto dato che si conoscono diversi mezzi per combatterli, un’adeguata informazione e prevenzione possono evitare o ridurre il rischio di tali patologie.
Un altro aspetto importante che non va tralasciato è il rischio zoonosi in quanto ognuno di questi parassiti, in situazioni particolari, può effettuare il salto di specie e quindi parassitare anche l’uomo.


La pulce

Le pulci sono insetti senza ali, con arti posteriori ben sviluppati e corpo schiacciato latero-lateralmente. Le pulci adulte sono ematofaghe cioè si nutrono del sangue di mammiferi e di uccelli.













Fig.1. Pulce adulta

Gli adulti depongono le uova sul corpo degli animali parassitati, dopo pochi giorni schiudono le larve cieche che si nutrono delle feci degli adulti. Le uova e le larve possono cadere al suolo.
La pulce è vettore di Dipylidium caninum, la tenia del cane e del gatto. Le larve delle pulci ingeriscono le uova contenute nelle proglottidi della tenia, dalle uova si sviluppano cisticercoidi che si incistano nei muscoli della pulce. Se il cane o il gatto mordicchiandosi il corpo ingerisce la pulce infestata, i cisticercoidi si liberano nell’intestino del carnivoro e vi si annidano.
Nelle infestazioni da pulci il sintomo più frequente nel cane è il prurito, che si manifesta con mordicchiamento, leccamento e grattamento nella regione pelvica, alla base della coda, sulla faccia laterale delle cosce e nella regione inguinale. In alcuni soggetti si può manifestare una dermatite allergica causata da fenomeni di ipersensibilità nei confronti di alcuni componenti della saliva degli insetti. Nei casi cronici può venire coinvolta tutta la regione dorsolombare, che può apparire gravemente alopecica.


Le zecche

Le zecche sono ematofagi temporanei degli animali e dell’uomo. Il ciclo del parassita è caratterizzato da diverse mute che si compiono in prossimità del terreno e dal pasto di sangue sull’ospite. Sono endofile, vivono in prossimità dei pascoli, giardini, parchi.










Fig.2. Fase di ingorgamento di una zecca adulta su di un cane










Fig.3. Larva L1 di zecca vista al microscopio ingrandimento 10X









Fig.4. Zecca adulta

La zecca a differenza della pulce non salta, sale sull’ospite sfruttando il passaggio dai fili d’erba all’animale. Salita sull’ospite, si ancora ai tessuti e comincia a nutrirsi del sangue dell’ospite. L’ancoraggio avviene tramite un caratteristico apparato buccale. Questo aspetto è importante in quanto molte volte i proprietari commettono l’errore di strappare la zecca quando viene visionata sul proprio animale. Così facendo parte del sistema di ancoraggio della zecca rimane adeso nei tessuti dell’ospite causando nel tempo un processo infiammatorio da corpo estraneo. La tecnica da me consigliata è quella di applicare sulla zecca dell’olio in modo da impedirne la respirazione. In questo modo l’ectoparassita ritrae l’ipostoma. Dopo qualche minuto si può procedere all’asportazione della zecca. Altro metodo è quello di applicare direttamente antiparassitari esterni di cui si discuterà nella profilassi.
Durante la fase di ancoraggio la zecca nutrendosi di alcune componenti del sangue dell’ospite può trasmettere agenti patogeni. La fase di ingorgamento può durare dai 7 ai 30 giorni, questa avviene lentamente in quanto la zecca non aspira sangue ma sfrutta la pressione sanguinea.
A differenza della pulce la zecca è stagionale, infatti inizia il suo ciclo vitale quando la temperatura ambiente supera i 7 °C.
La zecca funge da vettore per alcune malattie quali Ehrlichiosi, Borreliosi, rickettsiosi, Anaplasmosi, babesiosi, hepatozoonosi, etc. Quando le zecche sono molto numerose, possono provocare gravi forme di anemia.


I Pidocchi

Sono insetti privi di ali, appiattiti dorsoventralmente, parassiti permanenti dei mammiferi. Infestazioni moderate sono responsabili di una leggera dermatite cronica, mentre infestazioni massive provocano irritazioni gravi e prurito.















Fig.5. Immagine microscopica pidocchio su di un gatto 10x


Gli Acari

Sono parassiti permanenti responsabili di malattie cutanee dei mammiferi. Si nutrono sull’ospite di cellule e secrezioni. L’azione patogena è dovuta ai traumatismi che arrecano alla cute, alle sostanze irritanti che liberano e alle reazioni immunitarie dell’ospite.
Sarcoptes scabei scava gallerie nel derma del soggetto, causando un processo infiammatorio che si manifesta con eritema, caduta pelo, prurito violento. Le zone coinvolte sono quelle della testa, addome, omero-radio-ulnari.










Fig.6. Immagine microscopica di acaro 10X

Notoedres cati provoca lesioni localizzate alla nuca e orecchie. Induce prurito intenso, la trasmissione fra soggetti e molto facile.
Otodectes cynotis si insedia esclusivamente nel condotto uditivo esterno di cani e gatti. La presenza del parassita porta ad una ipersecrezione ceruminosa color cioccolata. Si manifesta un violento prurito con lesioni dei padiglioni auricolari.
Demodex vive e si moltiplica nelle ghiandole sebacee dell’ospite. Una carica infestante bassa non è sinonimo di malattia. In talune situazioni quando l’organismo appare debilitato, in condizioni di stress, lunghe terapie cortisoniche il parassita può moltiplicarsi e in tal caso manifestare in forma generalizzata la malattia.
Cheiletiella colonizza la superficie cutanea dell’ospite, colpisce gli animali giovani e si localizza a livello di dorso del tronco. Provocano seborrea secca prurito, talvolta eritema.


I Flebotomi

Il flebotomo è il vettore della leishmaniosi, grave malattia del cane. Questo insetto molto diffuso nel sud italia vive tra il livello del mare e i 1500 metri.









Fig.7. Flebotomo

La sua attività è massima all’alba e al tramonto in particolare nel periodo estivo quando le femmine del parassita, le uniche ad essere ematofaghe, vanno alla ricerca di cibo e pertanto succhiano il sangue dei vertebrati. La bassa mobilità del flebotomo giustifica la presenza di zone endemiche. Il volo di questo insetto è caratteristico infatti è stato definito papatace in quanto a differenza delle zanzare non fa rumore. L’insetto alimentandosi su di un ospite infetto ingerisce la forma amastigote che mutano nell’ospite in promastigote, forma infettante per i mammiferi.


Le Zanzare

La zanzara è il vettore della filariosi nota malattia diffusa nel nord-centro italia. Vive nelle zone paludose e comunque nei luoghi dove è disponibile dell’acqua (anche bacinelle) dove depone le uova e copie il suo ciclo vitale. La zanzara alimentandosi sull’ospite infetto da filaria ingerisce le forme larvali. Le microfilariae mutano nel vertebrato e l'infestazione è trasmessa ad un nuovo ospite durante il pasto di sangue.













Fig.8. Zanzara durante il pasto di sangue


Profilassi

La profilassi consiste nel ridurre con azione repellente la puntura degli insetti e per alcuni parassiti determinarne la morte. In commercio sono disponibili diversi antiparassitari, ad uso topico, collari spray etc. Sicuramente i più pratici sono gli antiparassitari spot-on, in quanto con basso rischio, resistenti all’acqua, facili da applicare, invisibili.
Naturalmente ogni antiparassitario va utilizzato a seconda della specie e del luogo di vita. Alcuni ectoparassiti sono più diffusi nella stagione estiva, quindi i trattamenti saranno intensificati dalla primavera all’autunno.
Come detto in precedenza alcuni parassiti vivono sul corpo dell’animale tutto l’anno pertanto l’animale esposto a rischi dovrà essere trattato sempre, mi riferisco alle pulci e agli acari. Invece zecche, flebotomi e zanzare iniziano la loro attività con l’aumentare della temperatura, anche se in alcune regioni resistono in ambiente a modiche temperature, pertanto il trattamento sarà stagionale.
Il trattamento antiparassitario quindi dovrà essere individuale e consigliato dal proprio medico veterinario. Un cane o gatto che vive in casa sicuramente sarà meno sottoposto a rischi rispetto ad un soggetto che vive all’aperto. Talvolta per soggetti che vivono all’aperto potrà anche essere utile una disinfestazione ambientale.
Le molecole che nella mia esperienza hanno dato migliori risultati sono il fipronil (s)-methoprene, imidacloprid permetrina , selamectina, ivermectina, deltametrina, etc..
Per una protezione completa del cane nel periodo con maggior affluenza di ectoparassiti si possono utilizzare pipette spot-on mensili a base di fipronil (s)-methoprene (protezione pulci zecche pidocchi) abbinate con collari a base di deltametrina (zanzare e flebotomi) con durata 4 mesi oppure la combinazione spot-on imidacloprid permetrina ogni 15-20 gg. Se il soggetto manifesta invece segni clinici di rogna si può abbinare selamectina spot-on mensilmente e collare a base di deltametrina. Nella stagione fredda invece può essere utilizzato con scadenza ogni 2 mesi prodotti spot-on a base di fipronil (s)-methoprene o imidacloprid permetrina per proteggere i cani da pulci.
Nel gatto molti farmaci sono tossici se ingeriti potendo causare disturbi nervosi. Il trattamento di elezione prevede l’utilizzo di fipronil (s)-methoprene spot-on con scadenza mensile nel periodo estivo e ogni due mesi durante il periodo invernale oppure l’associazione moxidectina e imidacloprid per prevenire infestazioni da pulci, acari e dirofilaria il cui vettore è la zanzara.
Ripeto questi protocolli sono esempi dettati dalla mia esperienza, ciò non toglie che ogni collega veterinario adotti protocolli diversi.

domenica 29 marzo 2009

TOXOPLASMOSI E GRAVIDANZA: sfatiamo il mito dell’abbandono degli animali

Cosa è la toxoplasmosi?

La toxoplasmosi è una zoonosi parassitaria abbastanza comune, che decorre quasi sempre in forma asintomatica ma che talvolta, soprattutto nell’uomo, può assumere un carattere di particolare gravità. L’agente patogeno è un protozoo isolato per la prima volta nel 1908 in Brasile denominato Toxoplasma gondii. Sono recettivi al parassita molti animali a sangue caldo, il gatto e qualche felide selvatico fungono sia da ospiti intermedi che da ospiti definitivi, in quanto il parassita si riproduce a livello intestinale.
Nell’uomo invece, in tutti i mammiferi domestici e volatili, il protozoo si riproduce in forma asessuata a livello extraintestinale, pertanto non eliminano il parassita nell’ambiente.
Il parassita si può ritrovare negli animali infetti in forma proliferativa (tachizoiti) nei tessuti; in forma similcistica (pseudocisti); di cisti terminali; di oocisti nell’intestino e nelle feci degli ospiti definitivi. Quindi nell’uomo, nei mammiferi e nei felidi possiamo ritrovare il parassita incistato nelle masse muscolari o in diversi organi mentre nei felidi anche durante la fase acuta di malattia sotto forma di oocisti nelle feci. Aspetto molto importante è che le oocisti per diventare infettanti in ambiente esterno richiedono un tempo di maturazione di 2-3 gg. a 24°C.
Pertanto il gatto ospite definitivo se manifesta la fase acuta di malattia può eliminare nell’ambiente con le feci le oocisti che risulatano infettanti solo dopo 48 ore.


Come si contrae?

Per sfatare il mito che tutti gli animali possono trasmettere la toxoplasmosi all’uomo bisogna prendere in considerazione alcuni aspetti fondamentali del ciclo del parassita.
























Fig.1 Ciclo del parassita

Diversi clienti, infatti, mi hanno riferito che il proprio medico curante o il ginecologo ha consigliato di disfarsi del proprio animale o di non aver contatti. Non c’è affermazione più sbagliata. Solo il gatto può costituire una fonte di pericolo, tra l’altro molto basso. Il motivo è che innanzi tutto deve essere infetto, quindi eliminare le oocisti nell’ambiente con le feci che, tra l’altro, per essere infettanti devono maturare per 48 ore con ottimali condizioni atmosferiche. Pertanto una corretta igiene giornaliera della lettiera evita la possibile contaminazione dell’uomo.
Altro aspetto è che la carica infettante in genere presente nelle feci è molto bassa in un soggetto infetto, pertanto il contagio è difficile.
Le vie di contagio più probabili nell’uomo sono l’ingestione di carni crude o poco cotte, di verdure crude non trattate con disinfettanti, la manipolazione di carni crude, in quanto i tachizoiti possono penetrare nell’ospite attraverso le mucose congiuntivale, nasale, orale e in alcuni casi attraverso la cute integra, meglio se con soluzioni di continuo.
Altra via di contagio è quella transplacentare (vd sintomi).
In alcuni casi l'infezione può avvenire in seguito ad emotrasfusioni o a trapianto d'organo.

Come si previene?

Per le proprietarie di gatti si consiglia di:

•svotare la lettiera ogni giorno indossando dei guanti; se è possibile da un’altra persona.
•evitare le uscite del gatto affinché non si cibi di animali potenzialmente infetti (topi e uccelli).
•evitare carni crude nell’alimentazione del gatto.
•E’ possibile far eseguire dal veterinario una indagine sierologica per Toxoplasma per valutare se è entrato a contatto con il parassita di recente.

Per le donne in gravidanza si consiglia di:

•non mangiare carne cruda o poco cotta, salumi ed insaccati.
•manipolare carni crude con i guanti.
•lavare bene le stoviglie ed i piatti che sono stati a contatto con carne cruda.
•lavare accuratamente la frutta e la verdura prima di mangiarla meglio con bicarbonato.
•Congelare la carne (compresi gli insaccati) ad una temperatura inferiore a -12,5°.
•in giardino indossare sempre i guanti, perchè la terra potrebbe essere contaminata.

L'infezione si diagnostica attraverso un esame del sangue e pertanto la prevenzione dell'infezione congenita da Toxoplasma consiste soprattutto nel tenere controllato il titolo anticorpale durante tutta la gravidanza, ogni 2-3 mesi.

Sintomi

In condizioni naturali l’infezione degli animali e dell’uomo evolve in forma silente e può passare inosservata. La forma conclamata si può osservare in soggetti debilitati e immunodepressi come malati d’AIDS e in gatti con FIV e FeLV. I gatti in questo caso manifestano diarrea, febbre, anemia, polmoniti, iriti, retiniti ed encefaliti. La morte sopraggiunge in pochi giorni.
Nella donna se la malattia si contrae per la prima volta durante la gravidanza è possibile trasmetterla al feto e la toxoplasmosi può diventare pericolosa (trasmissione transplacentare).
A tal proposito bisogna sottolineare che:
•l’infezione fetale non significa danno fetale, neonatale o infantile;
•a seguito dell'infezione fetale si possono manifestare 4 possibilità:
1) condizioni cliniche evidenti e gravi (aborto o toxoplasmosi congenita conclamata),
2) condizioni cliniche lievi,
3) sequele tardive (tra cui ipoacusia, deficit intellettivi, infezioni della retina),
4) forme subcliniche senza alcuna sintomatologia;
•il toxoplasma è un protozoo, quindi è sensibile alla terapia antibiotica.
•la possibilità di infezione fetale aumenta con il progredire della gestazione in cui si è infettata la madre: 17% nel primo trimestre, 45% nel secondo trimestre, 65% nel terzo trimestre;
•la possibilità che l'infezione fetale dia luogo a manifestazioni gravi è, al contrario, più elevata nelle infezioni precoci che in quelle tardive.
La diagnosi deve essere rapida e la terapia instaurata precocemente. I bambini asintomatici ma con un'evidenza sierologica di infezione contratta in gravidanza vanno controllati anche dopo il primo anno di vita con una visita oculistica e neurologica annuale per almeno una decina di anni.

Quando eseguire il test?

Nel caso in cui la donna ha deciso di iniziare una gravidanza o appena si scopre di essere in attesa.

Perchè eseguirlo?

Per conoscere se positivi e quindi immuni.
Per conoscere se negativi e quindi a rischio di contrarre l'infezione durante la gravidanza.
Per conoscere se è in corso una infezione.


Quale probabilità si ha di trasmettere la malattia al feto?

La percentuale di trasmissione al feto cambia con il procedere della gravidanza: la probabilità di contagio è inferiore al 5% prima della sedicesima settimana di gestazione; è intorno al 17% tra la sedicesima e la ventesima settimana; aumenta a valori del 30% tra la ventunesima e la trentacinquesima settimana.
Nelle prime settimane il passaggio del toxoplasma al feto è molto raro, ma quando avviene può comportare gravi danni al bambino (aborto spontaneo o lesioni neurologiche); nel terzo trimestre di gravidanza si trasmette con più facilità, ma nella maggior parte dei casi senza alcuna conseguenza.

Quali sono i rischi per il bambino che contrae la toxoplasmosi?

Alla nascita circa il 90% dei bambini contagiati non manifesta sintomi evidenti.
E' importante ricordare che, per quanto asintomatici alla nascita, la maggior parte dei bambini
non trattati potrà sviluppare alcune manifestazioni della malattia: l'85% potrà essere affetto da corioretinite (riduzione della vista-cecità); dal 20 al 75% potrà presentare ritardo mentale, dal 10 al 30% potrà presentare una moderata perdita dell'udito.

Diagnosi

Nel gatto bisogna eseguire l’esame coprologico per la ricerca di oocisti.
Negli altri animali si esegue la ricerca post-mortem di tachizoiti, pseudocisti e cisti terminali.
Esame sierologico: IFI; test di Remigton; ELISA, Agglutinazione diretta, emoagglutinazione indiretta; fissazione del complemento.


Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO
www.dottfrancescobuompane.blogspot.com

sabato 14 marzo 2009

IL TARTARO NEL CANE E NEL GATTO

Le malattie periodontali negli animali domestici oggi sono in aumento. Le cause vanno ricercate nella maggior longevità rispetto a qualche anno fa, alla increscente presenza di razze toys e nane maggiormente predisposte a problemi dentali e in particolar modo ad una scorretta alimentazione che ancora oggi vige tra i proprietari. Cani e gatti infatti non dovrebbero mangiare gli avanzi da tavola. Essi sono carnivori e non onnivori come l’uomo. Purtroppo ancora tutt’oggi vige una scarsa informazione dei proprietari che tendono a trattare i loro amici come dei simili, viziandoli in particolar modo dal punto di vista alimentare con delle forti ripercussioni sia sulla salute che sul comportamento del loro più caro amico. Cani e gatti, come dicevo pocanzi sono dei carnivori, predatori e come tali nel loro ambiente naturale si nutrono di carogne o di piccole prede come roditori, lagomorfi, rettili, di cui ingeriscono le carni, visceri e ossa. Queste ultime svolgono azione abrasiva sulla dentizione. Quindi l’osso sembrerebbe essere utile per la pulizia dei denti, in realtà piccoli ossicini o schegge potrebbero portare a perforazioni o occlusioni del tubo digerente e una dieta prevalentemente di queste ultime porterebbe senza ombra di dubbio a blocco intestinale. Quindi l’alimentazione corretta per favorire la pulizia dentale senza predisporre a varie patologie deve basarsi su crocchette di buona qualità strutturate in modo da facilitare, durante la masticazione, l’eliminazione della placca dentale obbligando contemporaneamente l’animale a masticare prima di deglutire il cibo. Infatti la migliore prevenzione verso i più comuni problemi odontostomatologici è proprio l’azione abrasiva meccanica che il cibo compie sulla superficie dentale rimuovendo quotidianamente la placca batterica ed evitando che questa mineralizzi trasformandosi in tartaro. Il tartaro è facilmente visibile sui denti alzando delicatamente le labbra come una zona di colore scuro (da arancione a marrone) che ricopre lo smalto dentale e che cresce partendo dalla gengiva verso l’apice del dente.




Fig.1 Detartrasi in un pit bull di 4 anni, femmina


Cosa comporta l’accumulo di tartaro?

L’accumulo di tartaro in prossimità dei denti porta ad alitosi (cattivo odore emanato dalla bocca), infiammazione e retrazione della gengiva, predisposizione a carie dentali ed ascessi dentali, fino alla caduta dei denti. I batteri coinvolti in questi processi possono diffondere attraverso il torrente ematico e danneggiare gli organi interni quali il cuore, il fegato e i reni; o diffondere nei tessuti vicini e creare problemi a carico delle strutture confinanti: quali, ad esempio, l'apparato respiratorio e l'occhio. Prevenzione Da una recente statistica è emerso non solo che il 75% dei gatti e l'85% dei cani soffre di affezioni ai denti o alla bocca, ma anche che la maggior parte dei padroni ignora che la dentatura dei propri animali dovrebbe essere regolarmente controllata dal medico veterinario. Per prevenire la deposizione della placca batterica è fondamentale l'alimentazione. E bene abituare il cucciolo di cane o gatto ad una alimentazione a base di croccantini “secchi”. Molti proprietari ritengono che dare alimenti umidi sia salutare. In realtà l’umido sicuramente è più gradito ma può predisporre sia a problemi dentali, sia se non conservato bene a problemi digestivi. Sicuramente ancor più grave è la somministrazione di dolciumi, formagggi e simili. Aiutano la pulizia dei denti sicuramente paste enzimatiche disponibili in commercio, regolare pulizia con dentifricio in cani e gatti che lo permettono, croccantini dietetici finalizzati allo scopo, “ossa finte” di pelle e in alcuni casi anche pane duro.


Terapia e cura.

Il tartaro si elimina con un'operazione di pulizia dentale denominata detartrasi che costituisce la parte più importante degli interventi dentistici del cane in un ambulatorio veterinario. Per effettuarla, l'animale viene posto in anestesia generale per assicurarsi una buona contenzione: il detartraggio, infatti, non è particolarmente doloroso, serve per evitare che il soggetto possa muoversi durante l'intervento. L’intervento è anche piuttosto rapido e consiste nel rimuovere con una apposito strumento chiamato piezoelettrico tutto il tartaro presente sopra i denti e sotto la gengiva. I denti vengono poi lucidati e le gengive controllate fino agli spazi sottogengivali.


















Fig.2 Strumento per Detartrasi

Per qualche giorno dopo l'intervento potrà essere indispensabile una terapia con antibiotici o antidolorifici e disinfettanti gengivali a base di clorexidina. In ogni caso sarà importante un'efficace prevenzione per l'accumulo di tartaro data dall'alimentazione secca, dalla pulizia dei denti con appositi spazzolini o con l’utilizzo di paste o gomme enzimatiche

Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO
www.dottfrancescobuompane.blogspot.com

martedì 24 febbraio 2009

LA PIOMETRA NEL CANE E NEL GATTO

La piometra è una patologia che colpisce cani e gatti di sesso femminile. L’organo implicato è l’utero che, a causa della proliferazione di germi piogeni, si presenta ripieno di materiale purulento. L’indice di mortalità è elevato ed è previsto, pertanto, un intervento tempestivo da parte del veterinario. Dati statistici indicano che la maggior incidenza di questa patologia si ha tra gli 8 e i 10 anni di età, nella fase diestrale (45-60 giorni dopo l'inizio del calore), in femmine che non hanno avuto gravidanze periodiche oppure in soggetti trattati farmacologicamente allo scopo di sopprimere i calori.
Le cause di piometra ancor oggi non sono del tutto note. Di sicuro la patologia si realizza a causa dell’aumento del progesterone circolante (ormone che raggiunge il picco produttivo durante l’estro), ma sembra anche collegata alla presenza di un’iperplasia endometriale cistica ed a una infezione batterica uterina (prevalentemente E.coli) concomitante. Naturalmente tra le concause si annoverano anche una predisposizione individuale e la somministrazione di farmaci, purtroppo ancora frequente, allo scopo di sopprimere i calori o per interruzioni di gravidanze.
Il motivo della predisposizione di un soggetto che non ha avuto mai cucciolate è dettato dalla mancata rigenerazione uterina che normalmente si verifica durante la gravidanza. Quindi la scelta del proprietario di non far accoppiare il proprio animale risulta, per certi versi, una scelta contro natura, favorendo così l’incidenza della patologia. Nel caso, invece dei soggetti in cui si è deciso di interrompere la gravidanza, l’insorgenza della piometra è da scriversi alla somministrazione di estrogeni che causano, di conseguenza, l’iperplasia uterina.
L’età dei soggetti colpiti dalla patologia, anche se statisticamente varia tra gli 8 ed i 10 anni, può essere molto variabile, e nel corso della mia esperienza professionale ho potuto constatare sintomi clinici ascrivibili a piometra in cagne di soli 2 anni di età.
Nelle gatte la piometra è molto meno frequente: infatti mentre l’incidenza nelle cagne, intere e in cui non si hanno gravidanze periodiche, è del 60%, nelle gatte tale patologia sembra prevalentemente correlata alla somministrazione di farmaci soppressivi del calore.


Sintomi di piometra

I sintomi di piometra sono vari. I segni iniziali sono inappetenza, apatia ed abbattimento. In un secondo momento l’animale manifesta un aumento del fabbisogno d’acqua, seguito da un incremento (in frequenza e quantità) della minzione. Altri sintomi clinici di frequente riscontro sono febbre, talvolta scolo vulvare di colore rosato in quanto costituito da sangue e pus, vomito e diarrea.
La gravità della patologia dipende proprio dall’ingente proliferazione di batteri che liberano endotossine, la reale causa di un’intossicazione caratterizzata non solo da vomito e diarrea, ma anche da alterazioni dei glomeruli renali, con conseguente predisposizione ad una eventuale insufficienza renale.
La piometra può manifestarsi in forma “chiusa” o “aperta” a seconda della conformazione della cervice: si parla di piometra chiusa quando la cervice non permette la fuoriuscita di materale e aperta invece quando si assiste ad uno scolo purulento di materiale accumulato in utero, causato da una cervice pervia. Nel primo caso la patologia è molto più grave, e ad un intervento non tempestivo può comportare un elevato rischio di decesso. Una piometra aperta non significa una piometra meno grave, tuttaltro… in alcuni casi può chiudersi nel giro di pochi giorni.


Diagnosi

Ci si basa prevalentemente sulla sintomatologia del soggetto ma la diagnosi di certezza viene data da una ecografia o in alcuni casi anche da una radiografia.
Di supporto sono sicuramente gli esami di laboratorio. Caratteristici di una piometra sono una iperleucocitosi (aumento dei globuli bianchi e in particolare dei neutrofili), un aumento dell'azotemia in caso di disidratazione e un aumento degli enzimi epatici (GOT-GPT-SAP) in caso di danni epatocellulari.


Terapia

Dopo la valutazione degli esami di laboratorio è sicuramente necessario iniziare una terapia antibiotica e una fluidoterapia nell'attesa di stabilizzare il paziente per procedere poi alla risoluzione del problema.
Tra le varie possibilità ricordiamo quella chirurgica che consiste nell'asportazione di utero ed ovaie (ovaioisterectomia), oppure quella medica che consiste nella somministrazione di prostaglandine, antibiotici e algepristone (abortigeno) allo scopo di indurre una lisi del corpo luteo, per aumentare la contrattilità della componente muscolare dell'utero nella speranza di riuscire a svuotarlo completamente dal materiale purulento.
Il protocollo medico, da me sperimentato, ha portato a risoluzione del problema, ma molti sono le condizioni concomitanti: il cane deve essere giovane, in buona salute e si deve farlo accoppiare al calore successivo. Quindi in cani a rischio, che non si intende far riprodurre, sicuramente la terapia migliore e risolutiva è quella chirurgica.






















Fig.1 e 2 Intervento e utero di cane di nome bianca di età 2 anni in piometra, causa somministrazione farmaci abortigeni.

In entrambi i casi la terapia è comunque rischiosa e l’intervento deve essere immediato e repentino dalla comparsa dei sintomi. Per tale motivo nei soggetti giovani che non si intende far riprodurre, in quanto è minore il rischio anestesiologico, il mio consiglio è quello di adottare come prevenzione la sterilizzazione.



Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO

sabato 14 febbraio 2009

LA VACCINAZIONE NEL CANE

Perché è necessario vaccinare il cane?

Le malattie che possono colpire il cane sono numerose ed alcune di esse possono diventare pericolose in particolare durante i primi mesi di vita, a tal punto da causare la morte di un cucciolo. La vaccinazione rimane l'unico strumento profilattico in grado di proteggere il nostro animale. I cuccioli che nei primi 2 - 3 giorni dalla nascita hanno assunto il colostro (latte materno) sono protetti durante le prime settimane della loro vita dall’immunità anticorpale passiva. Questa immunità, comunque, diminuisce rapidamente lasciando il cucciolo suscettibile alla malattia nel giro di alcune settimane. La durata degli anticorpi colostrali varia in base alla quantità di colostro assunto, all’immunità materna, alla risposta individuale. Quindi scegliere il periodo più adatto per la vaccinazione di un cucciolo non è semplice. Anche il tipo di vaccino da inoculare varia a seconda dell’insorgenza delle malattie: ad esempio il cimurro nel cane è più frequente dai 3 ai 6 mesi, mentre la probabilità di contrarre la gastroenterite è più frequente nei primi 2 mesi. La scelta dei tempi di vaccinazione del cucciolo cambiano anche in base all’endemicità di una malattia o all’esposizione a rischio. Esistono, inoltre, vaccini a più alto titolo e vaccini a basso titolo.
Per questo ogni veterinario adotta un differente protocollo vaccinale in base alla situazione immunitaria del cucciolo o al rischio di infezione. In genere le prime vaccinazioni per la gastroenterite si possono effettuare già a 42 giorni con vaccino ad alto titolo in grado di superare la barriera anticorpale colostrale e stimolare l’immunità del soggetto.
Se eseguita regolarmente, la vaccinazione può proteggere la vita del tuo animale: ma questo risulta possibile solo se la maggior parte dei proprietari di cani si reca dal Medico Veterinario per un controllo annuale della salute del proprio piccolo amico.

Contro quale malattia è importante vaccinare il cane?

Le malattie infettive che minacciano la salute del cane sono numerose:

La gastroenterite infettiva (parvovirosi)
Si tratta di una malattia grave il cui decorso può essere mortale, soprattutto nei cuccioli. I cani colpiti eliminano il virus con le feci. Nonostante i programmi di vaccinazione, la malattia è ancora molto diffusa in tutt'Italia.
I sintomi principali sono: vomito frequente, diarrea profusa ed emorragica, febbre, cachessia, ed infine morte. La terapia è principalmente di sostegno, consiste in coperture antibiotiche, vitamine, reidratanti.
Il cimurro
Il cimurro è una malattia virale molto contagiosa. Esistono tre diversi complessi di sintomi: una forma respiratoria (tosse, starnuti, secrezioni nasali ed oculari, polmonite); una forma intestinale (diarrea più o meno profusa e vomito) ed una forma neurologica fatale (paralisi, disturbi motori e dell'equilibrio, convulsioni e cambiamenti del comportamento). In associazione a queste forme spesso si rilevano sintomi cutanei (infiammazioni del muso e zampe). Anche in questo caso la terapia è solo di sostegno, inoltre il soggetto che supera la fase critica talvolta manifesta segni neurologici che perdurano per tutta la vita.
L'epatite contagiosa virale
L'epatite infettiva è una malattia grave, soprattutto nei cuccioli, provocata dall'Adenovirus canino. I sintomi tipici della malattia sono: vomito, apatia, febbre ed ittero. In Italia esiste ancora, anche se in forma rara.
La leptospirosi
Questa malattia è provocata da batteri chiamati Leptospire. La malattia si contrae mediante le urine infette di topi e/o altri cani. Le acque di canali e fiumi contaminate dall'urina infetta rappresentano la fonte di contaminazione primaria in molte aree d’Italia.
La leptospirosi può risultare mortale ed i cani infetti possono eliminare le Leptospire ad intermittenza attraverso le urine per mesi o addirittura anni.
E’ una zoonosi, cioè può causare una grave malattia anche nell’uomo (la malattia di Weil).
La tosse dei canili
Malattia molto contagiosa delle vie respiratorie caratterizzata da tosse profonda (secca e dolorosa), di solito trasmessa in luoghi dove i cani vengono mantenuti in raggruppamenti (ad es. canili, pensioni, mostre, ecc). Raramente è fatale, il trattamento risulta generalmente efficace.
La rabbia
E’ una malattia fatale, trasmessa dalla saliva infetta soprattutto attraverso il morso e il graffio di animali infetti. Ormai non è più presente in Italia, per questo la vaccinazione non è più obbligatoria per legge. Diviene obbligatoria se il cane viaggia all’estero, si intende anche nei paesi della comunità europea, dove ci sono ancora rari casi.
Gli animali che si ammalano manifestano sintomi a carico del sistema nervoso, attraverso tre fasi della malattia più o meno pronunciate: cambiamenti del comportamento (gli animali feroci diventano docili), la fase di aggressività ("rabbia furiosa") ed infine fenomeni di paralisi muscolare.

A che età si deve fare la prima vaccinazione?

Nelle prime settimane di vita il cucciolo è protetto dall'immunità materna ricevuta mediante il colostro. A partire dalle 6-7 settimane di età è di vitale importanza consultare un Medico Veterinario per stabilire il programma vaccinale del cucciolo in base all’età, alla razza, ai rischi legati all’ambiente e allo stile di vita. Per assicurargli una protezione immunitaria efficace, è inoltre importante effettuare un richiamo delle prima vaccinazione dopo 2-3 settimane. In questo modo innalziamo ulteriormente la risposta immunitaria, bassa con il primo vaccino, in quanto il virus in parte distrutto dagli anticorpi colostrali.
Queste prime vaccinazioni nella vita del cane costituiscono la "VACCINAZIONE DI BASE".
















E' necessario ripetere la vaccinazione?

L'immunità verso le malattie non dura per sempre e gradualmente si affievolisce, lasciando che il cane possa correre dei rischi. Fino all’anno di età è opportuno che il giovane cane riceva tutte le vaccinazioni di base necessarie che gli consentano di raggiungere una solida immunità.
Nel cucciolo è necessario effettuare il richiamo dopo 21-30 giorni dal primo vaccino per ottenere il così detto effetto booster cioè di potenziamento dell’efficacia del vaccino . Nell’adulto invece è necessario un richiamo annuale.
E' opportuno che il cane sia sottoposto ad un check-up di controllo annuale. Con l’occasione il Veterinario potrà verificare le condizioni generali dell’animale ed attuare gli opportuni richiami vaccinali.

Vaccinazione e socializzazione

I primi tre mesi di vita di un cucciolo sono fondamentali oltre che per la protezione dalle malattie infettive anche per una corretta socializzazione. Le esperienze, le relazioni e i contatti che il cucciolo avrà in questo periodo influenzeranno, infatti, il suo comportamento da adulto e la sua capacità di relazionarsi con il proprietario e con altri animali. Superate le 12 settimane d’età, la corretta socializzazione del cane diventa più difficoltosa.
In questo periodo è perciò essenziale che il cucciolo sperimenti le diverse situazioni con cui si troverà a convivere da adulto tra cui il contatto con altri animali, con persone di età diversa, con il traffico della città, con l’uso dell’ascensore, dell’automobile, dei trasporti pubblici, etc.
Il cane non va tenuto isolato fino alla fine del periodo vaccinale (12-13a settimana) altrimenti il rischio è quello di ottenere un soggetto non equilibrato e incapace di rapportarsi con l’ambiente esterno. Una protocollo vaccinale particolarmente efficace, precoce, nei tempi giusti, permette, pertanto, la contemporanea gestione della socializzazione del cucciolo, consentendogli di correre meno rischi.
Pertanto è sbagliato segregare il cucciolo prima di aver completato le vaccinazioni, è solo importante evitare che corra rischi inutili che possono essere dettati dal contatto con soggetti o ambienti a rischio.

Il libretto di vaccinazione

A completamento della vaccinazione di base del cucciolo, il proprietario riceverà un "LIBRETTO DI VACCINAZIONE", che riporta la registrazione delle vaccinazioni eseguite e che indica la data del prossimo appuntamento per il richiamo annuale.
Questo libretto può essere richiesto nelle pensioni, nelle mostre, nelle scuole di addestramento e durante i viaggi. Naturalmente servirà anche al Veterinario per le consultazioni sulle vaccinazioni eseguite, pertanto tale documento andrà conservato con cura.

Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO

sabato 31 gennaio 2009

La sindrome della dilatazione-torsione gastrica (GDV)

La sindrome della dilatazione-torsione gastrica (GDV) è una patologia che colpisce prevalentemente cani di taglia medio-grande e gigante ed è piuttosto rara nei cani di piccola taglia. E’ una patologia molto grave che ha un carattere d’urgenza con alto indice di mortalità e richiede, pertanto, un intervento immediato del veterinario.
L’eziologia non è del tutto nota , ma sembra essere di natura multifattoriale.
I fattori predisponenti sono: la conformità anatomica (torace profondo), la lassità dei legamenti epatogastrici ed epatoduodenali, la composizione della dieta, il movimento dopo i pasti, l’aerofagia, pasti voluminosi e troppo rapidi, nervosismo e stress, motilità esofagea, anomalie nell’attività mioelettrica dello stomaco.

Le razze predisposte e il grado di incidenza sono elencati in tabella 1:




















Quali sono gli accorgimenti più importanti da rispettare?

1) Frazionare il pasto in più volte al giorno (almeno 2): un pasto unico giornaliero, infatti, causerebbe un digiuno troppo prolungato con insorgenza di fame eccessiva, ingordigia e conseguente deglutizione di aria tra un boccone e l'altro.
2) Evitare l'attività fisica prima e soprattutto immediatamente dopo il pasto.
3) Ritardare il pasto se il cane ha subito un evento stressante (litigio con un altro cane, giro in auto se inusuale, fuochi d’artificio, etc.).
4) Rispettare gli stessi intervalli temporali tra un pasto e l'altro e le stesse dosi di cibo.
5) Non somministrare grosse quantità di acqua di abbeverata in una sola volta.

Da che cosa è provocata?

E’ importante distinguere la semplice dilatazione dalla torsione gastrica. In genere la prima predispone alla seconda. In conseguenza dell’accumulo di gas, aria, alimento e acqua, lo stomaco si dilata. Talvolta la fermentazione che si crea nel lume dell’organo, l’accumulo di liquidi derivanti dalla permeabilità vasale di uno stomaco dilatato e la lassità dei legamenti portano ad un notevole aumento del volume e a una torsione dello stomaco su se stesso. Ciò fa sì che l’alimento stesso non può più progredire né verso la bocca né verso l’intestino a causa della stenosi degli sfinteri e l’aumento di gas prodotto dai batteri e l’anidride carbonica diventa notevole. Per questo motivo il soggetto non riesce a vomitare. Nella rotazione solitamente viene trascinata anche la milza.

Quali sono i sintomi?

La sintomatologia si presenta a distanza di poco tempo dall’ultimo pasto per l’accumulo di aria ingerita e gas che si sprigiona dall’avvio dei processi fermentativi. Nelle fasi iniziali il soggetto avverte dolore addominale può avere atteggiamenti inconsueti, è irrequieto, si nasconde, si lamenta. Negli stadi acuti cerca ripetutamente di vomitare senza riuscirci e rigurgita solo saliva, ha l'addome rigonfio, cammina a fatica, presenta mucosa pallide. Nei casi più gravi il cane può essere in stato di shock e presentare difficoltà respiratorie a causa della compressione del diaframma da parte dello stomaco dilatato.


Torsione gastrica in un dalmata. Si nota conformazione dell’addome.








Come si deve intervenire?

La diagnosi deve essere precoce. Alla visita clinica la patologia è caratteristica, con classico rumore timpanico dell’addome dovuto all’accumulo di gas. Si rende comunque necessaria una radiografia eseguita con cane in decubito laterale destro che svela il grado di torsione o l’eventuale dilatazione, la posizione della milza. È importante ripristinare immediatamente il volume vascolare (fluidoterapia), infondere del potassio per sostenere l’attività cardiaca, somministrare del cortisone per lo stato di shock, dei gastroprotettori, antibiotico, ed eseguire una corretta decompressione dello stomaco con gastrocentesi o mediante l’inserimento di una sonda orogastrica. Dopo stabilizzazione del paziente segue l’intervento chirurgico.



Radiografia di un pastore tedesco in torsione gastrica e aspetto dello stomaco dilatato.




In cosa consiste l’intervento chirurgico?

L’intervento nella maggior parte dei casi si rende necessario per evitare recidive. Dopo aver decompresso lo stomaco si riposiziona quest’ultimo e si pratica una gastropessi (ancoraggio della sierosa dello stomaco al costato).
Talvolta le conseguenze della dilatazione-torsione gastrica possono essere un’ipossia cellulare con ischemia e necrosi di parte dello stomaco, o per congestione splenica, un’ischemia della milza. In questo caso si rende necessaria una gastrectomia parziale o una splenectomia.


Qual è la terapia post operatoria?

Dopo l’intervento chirurgico, è necessario monitorare lo stato di salute del paziente (monitoraggio cardiaco e respiratorio), misurare i livelli di elettroliti, valutare l’ematocrito, le proteine totali, l’azotemia e la glicemia.
Si rende necessaria una dieta post-operatoria adeguata: per 2 giorni il cane deve essere tenuto a digiuno, alimentato tramite fluidoterapia (ringer lattato, glucosio, vitamine). Progressivamente e lentamente si ritorna ad una alimentazione normale, si comincia con la somministrazione di piccole quantità di brodo, poi di alimenti piuttosto leggeri, fino a ripristinare correttamente l’alimentazione. Tutto questo perché in conseguenza della dilatazione dello stomaco si può verificare un’atonia che ne compromette il corretto funzionamento.
Contemporaneamente per tutto il periodo del post operatorio vanno somministrati antibiotici, gastroprotettori, procinetici.


MEDICO VETERINARIO
dott. Francesco Buompane

sabato 24 gennaio 2009

La leishmaniosi nel cane


La leishmaniosi è una malattia parassitaria causata da un protozoo la Leishmania che viene trasmessa attraverso la puntura di un FLEBOTOMO, un piccolo insetto di 2-3 mm.
I sintomi sono molti diversi e possono variare da caso a caso. Quelli più frequenti sono a livello cutaneo (perdita del pelo, desquamazione, dermatite ulcerativa, ipercheratosi del tartufo e dei cuscinetti plantari, crescita smodata delle unghie) associati a perdita del peso con appetito conservato, abbattimento, aumento della minzione e della sete, vomito, diarrea, epistassi, aumento del volume dei linfonodi. A volte si possono riscontrare dolori articolari e muscolari, congiuntivite, blefarite e cheratite.

La Puglia è una zona endemica per la Leishmaniosi?
In Puglia la percentuale di cani positivi all’esame sierologico è superiore al 25%. Il clima della regione favorisce, infatti, la riproduzione del flebotomo (insetto vettore) nel periodo compreso tra il mese di APRILE e OTTOBRE. L’insetto predilige ambienti umidi (paludosi) ma spesso vive nei muretti a secco. Le ore più pericolose per la trasmissione della Leishmania sono all’imbrunire e all’alba. La Leishmaniosi è presente in tutto il sud d’Italia ma negli ultimi anni si è diffusa anche nel centro-nord.

La Leishmaniosi si trasmette all’uomo?
In Italia gli animali più recettivi sono i cani in quanto sono più esposti al contatto con l’insetto vettore, ma sono stati riscontrati alcuni casi anche nei gatti. Gli animali fungono solo da SERBATOI per la malattia ciò significa che NON è possibile la trasmissione della leishmaniosi all’uomo attraverso il contatto con escreti o secreti del cane malato. L’uomo costituisce un ospite occasionale e può infettarsi solo attraverso la puntura dell’insetto, ma in Italia questo è estremamente raro e interessa solo soggetti immunodepressi .

Cosa si può fare per prevenire il contagio?
L’uso di ANTIPARASSITARI ESTERNI durante il periodo aprile-ottobre rappresenta l’unico mezzo di prevenzione efficace per evitare la puntura degli insetti e quindi il contagio. In commercio ne esistono diversi tipi a collare o a pipette. L’uso di antiparassitari esterni è indicata anche per soggetti con leishmaniosi per evitare la diffusione del contagio ad altri cani. Non è infatti possibile il contagio diretto tra cani attraverso il semplice contatto.
Inoltre in una zona endemica come la Puglia è consigliabile eseguire ESAMI DEL SANGUE DI ROUTINE a cadenza annuale per monitorare lo stato di salute del cane ed eseguire eventualmente una diagnosi precoce di leishmaniosi in casi asintomatici.


Esistono terapie per la Leishmaniosi?
La leishmaniosi è una MALATTIA CRONICA e PERMANENTE ciò significa che una volta contratta l’animale non può guarire, ma esistono terapie che possono tenere sotto controllo i sintomi e consentire al cane una vita normale.

Dott. Francesco Buompane
MEDICO VETERINARIO